Torna Roger Waters con “Is This The Life We Really Want?” e noi non possiamo che restare in silenzio e ascoltare l’ex leader dei Pink Floyd.
A venticinque anni da Amused To Death e a dodici da Ca Ira, Roger Waters torna con un album di inediti per mostrare al mondo che la sua penna arguta e irriverente è ancora tra noi e non ha nessuna voglia di andare in pensione.
“Is This The Life We Really Want?” è un’opera in pieno stile Waters, che non ha mai abbandonato le scene, mentre l’incisione di nuovi pezzi è stata praticamente messa da parte per riproporre negli anni spettacoli che riprendessero il filo con le sue creazioni dei bei tempi andati. Quindi perché un disco proprio ora, quando tutti pensavano che Waters fosse ormai intento solo a riappropriarsi di quello che sente soprattutto suo della splendida e irripetibile storia dei Pink Floyd?
Il progetto di “Is This The Life We Really Want?” nasce un paio d’anni fa, quando Waters decide che è arrivato il momento di scrollarsi di dosso la polvere e di affidare alla sapiente mano di Nigel Godrich (Radiohead) la produzione del suo nuovo disco. Ma la vera risposta forse la si può trovare nell’intro When We Were Young, dove tra i rumori e le lancette che costellano il pezzo (e che richiamano alla mente The Dark Side Of The Moon), emerge l’oscura voce del cantante a sussurrare risposte all’interlocutore che chiede “where are you now?”. Waters si lascia scappare un “I’m still ugly, you’re still fat”, ma poi non esita a continuare con “Our parents made us who we are. Or what is God? Who gives a fuck! It’s never really over!”
Non è mai veramente finita finché non lo decidiamo noi e con questa attitudine da film western Roger Waters cavalca quasi tutti i dodici pezzi che compongono l’album, scaraventandoci contro come un meteorite i mali dell’occidente e l’insostenibile solitudine che la società ci ha cucito addosso e che ci veste di disinteresse, apatia e cinismo in cambio di cose e reality.
L’illusione che la nostra singolarità ci possa permettere di scrollare le spalle di fronte ai mali del mondo, che per la maggior parte dei casi dipendono da scelte sbagliate dell’occidente, porta ancora una volta Waters a scrivere di quanto sia ridicolo e dannoso porre muri tra “noi e “loro”. Solo con la la collaborazione, il rispetto e la fiducia ci si può aspettare un progresso dell’Umanità, che è una sola e ha gli stessi problemi: essere governata da pochi e nel loro interesse.
E il tour che Waters porterà in giro nel mondo per promuovere l’album si chiamerà proprio Us+Them e lo vedrà riproporre molti dei pezzi storici dei Pink Floyd a corredo di quelli di “Is This The Life We Really Want?”. Un assaggio di quello che aspetta chi andrà a vedere lo spettacolo del bassista lo si è avuto al Desert Trip dello scorso anno, quando durante l’esecuzione di Pigs (Three Different Ones) è apparso il volto di Donald Trump con sotto la scritta pandejo (idiota).
Per Waters il male che ci attanaglia sono i soldi, che dominano e guidano le scelte dei politici: sono loro, non le religioni o le ideologie, a guidare le guerre e in nome di essi si creano conflitti per vendere armi e arricchirsi ulteriormente. Sono solo affari e ci vengono venduti come qualcos’altro, ma per Waters dietro il percorso che è stato intrapreso in questi anni non c’é che il mero business, e Trump ne è la rappresentazione più evidente.
I richiami a Animals, The Wall, Wish You Were Here, The Dark Side Of The Moon, The Final Cut (che costellano l’album e lo rendono inconfondibilmente riconoscibile come una creatura dei Pink Floyd) sono così tanti da aspettarti in ogni momento l’arrivo della chitarra di David Gilmour (che sarebbe dovuto esserci davvero, ma poi non se n’è fatto nulla) o dei sintetizzatori di Rick Wright. Ma questo è un disco solista di Roger Waters e i suoi ex compagni psichedelici non sono più accanto a lui da decenni.
Abbiamo dovuto aspettare venticinque anni per avere un seguito di Amused To Death e “Is This The Life We Really Want?” riesce benissimo a non impallidire di fronte a quel monumentale disco. La struttura dell’album si basa molto più che in passato su pianoforte e chitarra acustica, mentre la presenza di chitarre elettriche e cori femminili (così spesso predominanti nei lavori di Waters) è molto meno accentuata che in passato.

L’ottusità umana e la paura che la guidano (forse le artefici della Presidenza di Donald Trump, definito dall’autore un nincompoop, “balordo”) vengono sbattuti in faccia all’ascoltatore in Smell The Roses e nella title-track.
La guerra fatta in nome delle multinazionali che sconvolge le vite di donne alle prese con bambini e fornelli (Dejà Vu), o che ne calpesta altre senza apparente ragione (The Most Beautiful Girl, The Last Refugee) è solo una conseguenza della scelta di aver voluto inseguire il consumismo (Broken Bones) e di aver rinunciato alla nostra libertà, così come fanno tutti coloro che seguono false ideologie e si fanno corrompere dalle religioni.
Nella parte finale dell’album c’è la via che Waters vorrebbe che percorressimo per ritrovare quella serenità e quella speranza di una vita migliore per noi e per chi verrà: l’amore è l’unica salvezza per l’uomo. Wait For Her, Oceans Apart e Part Of Me Died possono essere considerate un’unica canzone e narrano quanto possa essere intenso e bello amare qualcuno (“She was always here in my heart, Always the love of my life. We were strangers, oceans apart. But when I laid eyes on her a part of me died”) e quanto tutto questo renda migliore l’umanità (“Silence, indifference, the ultimate crime.
But when I met you, that part of me died”).
Il tema dominante di “Is This The Life We Really Want?” è nonostante tutto l’amore, che, secondo l’autore, è l’unica via che possiamo intraprendere per sostenere il peso di questa vita in una società che ci ha donato la libertà di essere schiavi del consumismo e dell’indifferenza. Secondo l’ex leader dei Pink Floyd potevamo aspettarci di meglio e chi ci ha venduto tutto questo ne ha omesso il costo effettivo. Era questa la vita che veramente volevamo e che ci viene dipinta come la migliore possibile per noi occidentali?
La paura e l’indifferenza ci dominano e ci rendono loro schiavi. E’ sempre più facile spostare lo sguardo lontano dai mali del mondo per convenienza, debolezza e inadeguatezza, mentre tutti noi abbiamo la responsabilità del bene dell’altro, o almeno così dovrebbe essere in una società evoluta. Roger Waters con “Is This The Life We Really Want?” ha voluto scuoterci e farci riflettere sulla strada che abbiamo intrapreso e che forse siamo ancora in tempo a cambiare. E lo ha fatto con un disco bellissimo.
Post interessante che, al di fuori della sempre competenza musicale, fa riflettere.
Grazie e buona giornata.
(le note mi hanno incantata…)
Grazie e buona giornata a te😉
Caro Luca, un articolo bello da leggere e profondo sui significati. Lo trovo convincente sull’ importanza di questo album.
Ti ringrazio come sempre 😊
Bellissimo articolo, Luca! Almeno ho sentito un parere diverso da quello di mio marito, che invece non è molto entusiasta di questo album.
Grazie per i complimenti. Magari con qualche ascolto in più tuo marito riuscirà ad apprezzare di più il disco😉
In ogni caso so già che se il buon Ruggero farà qualche data in Italia verrò trascinata al concerto!
Dovrebbe passare da noi l’anno prossimo (mi pare 🤔)
Eh infatti immaginavo… comunque anch’io vado volentieri a vederlo anche se non sono una super fan
Waters vale sempre la pena. E poi ha 74 anni e non so ancora quante tournée potrà permettersi ancora.
Eh sì, in effetti… Quando vado a vedere cantanti di una certa età penso sempre se ce la faranno ad arrivare alla data del concerto, visto che i biglietti si comprano mesi prima! A settembre andrò a Lucca a vedere i Rolling Stones, spero che ci arrivino tutti e 4 vivi a quella data…
Non so gli altri, ma Richards in qualche modo ci arriverà😁
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