Oggi nasceva uno dei più grandi cantautori italiani.
Giorgio Gaber è stato uno dei maggiori esponenti della Musica italiana, riuscito ad attraversarne varie fasi rimanendo sempre fedele a sè stesso.
Nato a Milano nel 1939, i suoi inizi musicali avvengono quasi per caso. Ammalatosi di poliomielite, gli viene regalata dal padre una chitarra che lo aiuti a esercitare la mano sinistra offesa. Lui, seguendo il fratello che già suonava, inizia a strimpellare e a interessarsi sempre più alla musica. La scena musicale milanese negli anni 50 è molto vivace e Gaber frequenta vari gruppi jazz e rock, arrivando a fine decennio a partecipare alla tournèe di Adriano Celentano in Germania assieme a Luigi Tenco e Enzo Jannacci.
La sua carriera solista inizia nel 1960, con la canzone Non Arrossire, che gli dà la prima notorietà anche televisiva. Tutti gli anni 60 saranno scanditi dalla sua costante frequentazione degli studi della RAI, che gli concederà anche la conduzione di qualche programma, ma da cui si allontanerà, sentendosi poco adeguato a quel mezzo, nonostante il successo raggiunto. Decide coraggiosamente di auto-esiliarsi e di rifugiarsi nei teatri, dove poteva parlare direttamente con il pubblico, scavalcando le telecamere e facendo nascere quello che sarà il Teatro Canzone.
Gli anni 70 sono all’insegna di un Giorgio Gaber quasi sparito dai radar, apparentemente nascosto, ma di sicuro più libero di dire la sua. E per tutto il decennio non si fece pregare, scrivendo canzoni che indagavano sulla situazione politica e sociale del nostro paese, arrivando a subire contestazioni quando mostrò di volersi smarcare da una certa concezione dei movimenti di sinistra, che iniziò a considerare logori o immaturi. Nel decennio successivo alternò il suo Teatro Canzone a opere di prosa che diresse e in cui recitò anche, mentre gli anni 90 lo videro tornare più attivamente a cantare nei teatri. Gli ultimi anni, quando la malattia che lo aveva colpito nel 1997 si fece sempre più acuta, si dedicò alla registrazione di album, interrompendo la sua scia di spettacoli teatrali.
Il grande lascito di Giorgio Gaber, artista dapprima calato nel ruolo di beniamino del pubblico e poi controcorrente, è soprattutto quello di un uomo che ha seguito le sue idee e impiegato il suo talento per esprimere le sue considerazioni mai banali sullo stato delle cose, incorrendo anche in aspre polemiche. La sua capacità di osservazione però gli ha permesso di entrare nella storia della musica come uno dei nostri migliori cantautori, realizzando canzoni come La Libertà, Io Se Fossi Dio, Quando è Moda é Moda, Destra-Sinistra, che sono state spesso cazzotti nello stomaco per i tanti che in questo Paese hanno sempre preferito far finta di niente.
Probabilmente la sua generazione avrà perso (ma quale ha davvero vinto?), ma lui ha cercato in tutti i modi di indagare sul perché, tentando di spiegare cosa non andava nella nostra società e assumendosi anche delle responsabilità che solo i grandi artisti possono reggere.
“E allora va a finire che se fossi Dio, io mi ritirerei in campagna come ho fatto io.”
Adoro Gaber da sempre, perchè anche quando era più “visibile” negli inizi della carriera non era mai banale e “globalizzato”. Anche a mia figlia piace, legge speso i suoi testi e ha fatto anche un compito in terza media su una sua pubblicazione.
Uomo molto intelligente.
Intelligente lo era davvero. E come spesso capita in Italia, costretto a trovare rifugio in posti diversi da quelli mainstream per poter esprimersi fuori dal coro.
Vero.
Visti 3 volte dal vivo, amo il suo Teatro Canzone, lui e Luporini hanno creato un espressione artistica che mi piace mi incuriosisce mi fa divertire mi fa pensare
Quanto mi manca la sua mimica dal vivo sul palco