Un poliziottesco a Civitanova Marche.
L’idea di aprire una nuova (l’ennesima) rubrica mi è venuta pensando a quanti film hanno come protagonisti degli omaccioni, che riescono a prevalere sui loro avversari grazie al loro essere energumeni violenti più dei “cattivi” e a riuscire a passare persino per “buoni”.
Da qui l’idea de Il Filmaccione, recensioni di film in cui gli schiaffoni e le sparatorie ignoranti hanno la meglio su ogni tentativo di ragionare e, anzi, bullizzano i neuroni coinvolti, costringendoli a mesi di ospedale in terapia intensiva.

Negli anni 70 i poliziotteschi erano un genere molto seguito: sorta di western metropolitani, dipingevano scenari cruenti mescolando noir, thriller, inseguimenti, sparatorie, commissari sempre accigliati e monoespressivi e villains decisamente più simpatici di loro. I poliziotteschi sparirono dai cinema nel 1981, quando di colpo a registi e sceneggiatori non rimasero più cartucce da sparare (e non solo in senso figurato).

I maggiori registi di questo genere furono Enzo G. Castellari, Umberto Lenzi, Ferdinando Di Leo e Stelvio Massi, mentre i protagonisti più assidui e riconoscibili furono Maurizio Gasparri, Franco Nero, Luc Merenda, Tomas Milian e soprattutto Maurizio Merli.
Il biondo commissario baffuto, ostile alla criminalità e poco gestibile dai piani alti, sarebbe diventato una delle maschere più rappresentative dei poliziotteschi, oltre a segnare (e per tanti versi ingabbiare) la carriera di Merli.

Essere uno dei volti di un genere considerato da sempre di serie z (salvo poi rivalutarlo decenni dopo come spesso capita), lo porterà purtroppo all’esclusione da nuove produzioni cinematografiche per gran parte del decennio successivo e paradossalmente proprio quando questa ghettizzazione sembra possa terminare, un’improvviso malore durante una partita a tennis nel 1989 non gli lascerà altre occasioni.
Nel 1978 Maurizio Merli va ancora per la maggiore e interpreta l’ennesimo commissario poco incline alle mezze misure: Francesco Olmi, commissario della questura di Roma. La storia del film si svolge inizialmente nella solita ambientazione metropolitana, ma a differenziare Un poliziotto scomodo dalle altre pellicole di genere è lo spostamento del protagonista in provincia a metà della storia. Stelvio Massi, regista del film e originario di Civitanova Marche, volle infatti celebrare la sua città natale girando molte scene nei suoi luoghi più riconoscibili.

La trama vede l’integerrimo e manesco funzionario interpretato da Merli combattere nella prima parte della pellicola con la corruzione che regna suprema a Roma e che non gli permette di arrestare un pericoloso malvivente.


La parte più spettacolare del film si ha nell’efficace scena dell’inseguimento di un furgone pieno di banditi spietati da parte di un elicottero della Polizia.


Non pago, Olmi stermina tutti i criminali tranne uno, che fugge per la campagna.

Purtroppo la connivenza tra i superiori di Occhio di Falco Olmi e il capo dei cattivi gli impedisce di scarnificarlo vivo nel bitume.

La frustrazione del commissario lo porterà a sparare per sbaglio ad un passante, causandone la morte: inevitabile a questo punto il trasferimento. Viene spostato nella più pacifica provincia marchigiana, dove dovrebbe, in teoria, avere poche occasioni per sparare.

Ma per menare le mani si trova sempre qualcuno.
Le Marche, però, permettono all’irrequieto Olmi di fare un incontro piacevole: Anna.

La storia tra la bella maestrina e il portatore sano di mazzate scorre piacevolmente per molte scene del film.


Purtroppo il richiamo dei guai è troppo forte e Olmi è costretto a sventare l’assalto di alcuni hippies allo stadio di Civitanova.


Viene fuori poi che anche nella sonnacchiosa provincia la criminalità è molto attiva e il commissario Sganassone Olmi si frega le mani. Con estrema facilità smonta un pericoloso traffico d’armi, non prima però che i cattivi si vendichino di lui prendendo in ostaggio Anna e la sua classe.


Un poliziotto scomodo è alla fine un film irrisolto sotto molti aspetti, forse dovuti soprattutto al suo essere diviso in due parti quasi del tutto distinte nei toni e apparentemente unite senza molta convinzione. La prima parte a Roma è di maggior effetto e più consona alle specifiche del genere, mentre la seconda prova a coniugare (senza riuscirci più di tanto) lo spottone per la città del regista con un Merli più malinconico e suo malgrado costretto a tornare alla violenza. Non si capisce poi per quale motivo Olmi possa ammazzare un povero passante e invece di finire dentro con l’enorme sollievo dei suoi capi si becca come punizione solo un trasferimento nelle Marche (che visto così è anche un tantino offensivo).
E’ di indubbio effetto per me, che vivo a pochi chilometri da Civitanova Marche, vedere come erano molte delle zone riprese nel film quasi quarant’anni fa e come sono cambiate, ma a parte questo, la scelta di spostare l’azione in un contesto diverso è un esperimento che se fosse stato utilizzato più spesso e meglio, avrebbe magari allungato la vita ai poliziotteschi.
Anche il tentativo di dare una maggiore introspezione psicologica al solito commissario omaccione e virilmente proteso verso le maniere rudi non avrebbe che aiutato il genere, ma questo tipo di evoluzione non è stata evidentemente considerata dagli autori.
Alla fine un Filmaccione onesto e con qualche scena molto spettacolare (girate tutte da Merli senza controfigura), anche se il numero di morti e violenza è forse eccessivo persino per il genere.
Ricordo questi film. Incredibile quanta violenza c’era, ma era anche vera nella realtà, per me che vivevo a Roma era pane quotidiano all’epoca. però maurizio merli era un gran figo e dal carattere socievole, lo dico per aver avuto la “fortna” di incontrarlo nella vita di tutti i giorni. peccato la sua parabola cinematografica ingabbiata nel personaggio e peccato averlo visto andare via tanto giovane.
Infatti è un peccato vedere che di colpo ti chiudono le porte in faccia senza che ci sia una vera spiegazione in merito. Merli si è trovato estraniato da quello stesso mondo che aveva tenuto su riempiendo i cinema X un decennio. È una triste storia ma purtroppo non l’unica (vedi Roscoe arbuckle).
Mi documento.
Lo trovi tra i miei post di qualche settimana fa😉
Ho scritto mi documento, ma in effetti so.
👌🏻
Rubrica eccezionale.
Grazie 😉
Complimenti anche per questa rece: hai la non comune abilità di abbinare con sapienza ironia, competenza cinematografica e prosa gradevole.
Non posso che ringraziare wayne per avermi segnalato questo splendido blog ed il suo ancor più talentuoso autore.
Tra l’altro, leggendo questo post, scopro che siamo conterranei, forse addirittura concittadini, giacchè anche io sono marchigiano e abito a pochi chilometri da Civitanova (Corridonia, fraz San Claudio, per la precisione).
Grazie ancora. Io abito a Sant’Elpidio a mare e quindi direi che siamo molto vicini.