L’effimera celebrità dei Social Media

“Nel futuro tutti avranno quindici minuti di fama.”

Questa frase attribuita ad Andy Warhol non solo si è rivelata vera nel corso degli anni, ma paradossalmente è stata sorpassata dalla realtà. I Social Media si sono sempre più affermati nel corso dell’ultimo decennio e hanno permesso alla gente comune di accedere a una platea potenzialmente immensa, possibilità fino a pochi anni fa impensabile.

Se paragoniamo la situazione attuale agli anni in cui solo grazie a Tv, Radio, Cinema e agli altri mass media era possibile acquisire notorietà la rivoluzione in corso è incredibile.

Solo coloro che potevano vantare effettivamente dei meriti (artisti, cantanti, attori, politici) erano inclusi tra i fortunati portatori sani di fama e popolarità. Gli altri, tutti noi comuni mortali, eravamo destinati a guardare da lontano queste divinità, che potevano entrare nella vita di chiunque grazie a mezzi tecnologici inaccessibili alla massa.

Ma l’intuizione di Warhol, che per decenni è stata reputata più che altro una boutade, ha trovato fondamenta molto ben radicate su cui appoggiarsi con l’avvento di Internet e soprattutto della sua estensione d’utilizzo. Se nei primi anni del nuovo secolo la possibilità d’interfacciarsi alla Rete e di far nascere un proprio spazio in cui parlare di sé era limitata a Youtube o MySpace e a qualche piattaforma di blog, con l’imporsi dei vari Social Network (Twitter e soprattutto Facebook) il poter creare una propria  identità digitale è diventato fin troppo semplice.

Scrivere e raccontarsi è divenuto immediato, permettendo quasi un’apoteosi sociale inimmaginabile e a volte nociva. Non tutti gli utenti dei vari network hanno mostrato di poter reggere l’urto di così tanta e facile visibilità, arrivando a occupare quasi militarmente ogni spazio possibile, riempiendo di innumerevoli (e spesso inutili) post gli spazi di condivisione concessi.

Questi diari pubblici vengono frequentemente infarciti di eccessive informazioni personali, mostrando quasi un’assuefazione alla popolarità raggiunta. A molti non basta più pubblicare le foto delle vacanze o dei figli, ma una volta rotti gli argini della dipendenza si arriva a esporre spesso una parte di sé che normalmente si terrebbe a freno nella vita “reale”.

Attacchi indiscriminati e offensivi rivolti a comunità o altri utenti; pubblicazioni di foto o messaggi privati per screditare l’ex di turno ed esporlo alla pubblica gogna; polemiche colme di odio e risentimento molte volte figlie di ignoranza e incapacità d’interpretare un testo di poche righe; addirittura costruzioni di realtà diverse o di false notizie per sostenere idee o candidati politici (si vedano le polemiche delle ultime elezioni americane).

Conosco persone che vivono letteralmente un’esistenza alternativa sui Social, impersonando e vestendo panni che non gli appartengono, ma che in fondo vorrebbero fossero loro. La seduzione di poter ridisegnare la propria vita (scrivendo diari non più veritieri, ma degni dei migliori PR di Hollywood) è un’arma troppo potente per alcuni, che alla fine si perdono in questa loro nuova identità patinata.

Le potenzialità dei Social Media sono ancora da considerarsi non completamente esplorate: oltre alla semplice prospettiva di poter parlare di noi e di ciò che ci piace condividere con chi ci segue, questi strumenti possono avere (e in alcuni casi hanno avuto) un utilizzo meno frivolo ed edonistico. Immaginare di poter bypassare molta della burocrazia ancora persistente per raccogliere aiuti umanitari, o per informare quasi in diretta su eventi naturali, attentati o guerre permette d’inquadrare sotto una diversa e più nobile prospettiva Facebook ed i suoi simili.

I Social Media, così come le possibilità che Internet e la Rete in generale offrono, non sono altro che strumenti: sta all’uomo saperli usare con la giusta considerazione e comprensione. Quando si leggono le varie polemiche su quanto siano diabolici Facebook, Twitter, Youtube e gli altri network si dimentica spesso che non sono altro che dispositivi neutri e che il loro utilizzo corretto o meno dipende da chi ne usufruisce.

Purtroppo l’ingresso così massiccio della tecnologia e dei nuovi media nelle nostre vite ha prodotto moltissimi nuovi “analfabeti” incapaci di rapportarsi ad essi e di evitare usi impropri. O forse va tutto bene così e il nostro quarto d’ora di celebrità è destinato a espandersi per tutta la nostra esistenza e anche oltre, riuscendo a raggiungere popolarità che un’artista come Andy Warhol neanche immaginava.

 

27 commenti

  1. Condivido in pieno, e ti ringrazio per due omissioni che reputo volute (e che approvo): i) non aver citato Umberto Eco (col quale sono d’accordo, beninteso, ma che mi sono stufata di veder citato da chi sembra non riuscire a concepire un pensiero autonomo e quindi va avanti a clichè), e ii) non aver usato l’espressione “analfabeta funzionale” (più o meno per gli stessi motivi).

    • Non ho voluto infarcire l’articolo di particolari citazioni (spesso abusate come fai notare tu), perché l’argomento mi ha sempre interessato e turbato personalmente e volevo affrontarlo con un approccio più personale che citazionistico. Guardarsi attorno e vedere persone che in pochi anni si sono fatte soggiogare dai social media è preoccupante e mi lascia sempre più sconcertato.

  2. Non sono d’accordo che fb o gli altri social media siano neutri, anzi è dimostrato che abbiano fortemente influenzato la rielezione di Obama ad esempio.

    • Che i social influenzino in maniera massiccia è palese e concordo con te, ma è sempre l’uomo che è responsabile del loro utilizzo.

      • Sono d’accordo con te sull’uomo utilizzatore ma quante di queste persone sono consapevoli del mezzo che stanno utilizzando? È questa la domanda che mi pongo e resto dubbioso, molto.

      • Purtroppo è la consapevolezza spesso a mancare. Quello che più mi turba nell’uso indiscriminato dei social è il regalare informazioni personali e opinioni che normalmente non si darebbero nella vita reale, senza avvertire la dissociazione e la stortura che si crea. Per guidare hai bisogno di una patente, ma X scrivere su fb non necessiti di niente.

  3. Caro Luca hai centrato il punto.

    Personalmente, da ormai parecchio tempo, uso fb solo per fare te-blogging dei miei post.

    Fra l’altro fb ha fatto morire molti blog ma nel contempo la qualità degli esistenti e dei nuovi è cresciuta, ad esempio il tuo che seguo con piacere e interesse…

    • Grazie X i complimenti 😉. Hai ragione sulla morte di molti blog dopo la nascita dei social. personalmente preferisco uno spazio come quello dei blog dove puoi confrontarti e leggere articoli supportati da opinioni e conoscenze ( e spesso cazzate come il mio) rispetto a un fb in cui i post sono di poche righe spesso sgrammaticate.

  4. …infatti siamo talmente arrivati dalla parte opposta della “popolarità” che Banksy (altro artista famoso) gli ha risposto dicendo: “…chissà se in un ipotetico futuro ognuno di noi avrà i suoi 15 minuti di anonimato…”

  5. Quel che realmente mi fa pensare è il futuro, quando i miei figli vedranno il mio profilo fb (la mia massiccia presenza su internet si ferma al blog e al profilo fb personale). Ho iniziato a usare fb a 17 anni, diario virtuale a cui i miei figli potranno accedere indisturbati o.o

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