L’epilogo live dei Beatles sulla terrazza della Apple Records

Era freddo, molto freddo, quel 30 gennaio 1969. Il vento gelido, che soffiava instancabile dal mattino, sembrava sconsigliare qualsiasi attività all’aperto, figurarsi un concerto sopra un tetto. I Beatles, che si erano impantanati in una situazione che li metteva praticamente spalle al muro, non si fecero spaventare dal clima e tirarono dritto.

L’anno era iniziato con un nuovo progetto, che tentava di tenere insieme i pezzi ormai frammentati di una band sempre meno interessata a essere tale.

Paul McCartney, forse quello che più di tutti teneva ancora ai Beatles, aveva proposto dopo il White Album di registrare un disco dal vivo e senza l’uso delle tanto amate sovraincisioni, che avevano permesso ai quattro signori di Liverpool di frequentarsi il meno possibile in studio: Get Back!, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto ridare nuovi stimoli alla band e rafforzarne i rapporti, tornando ai primi giorni in cui il sacro fuoco del rock aveva dato il via alla loro avventura assieme.

Per rendere inoltre ancora più evidente la vitalità ritrovata, i Beatles (che non si esibivano dal vivo dall’agosto 1966) si sarebbero concessi a una esibizione live in TV e in qualche località esotica, oltre a una performance sul tetto della loro Apple Records.

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i Beatles nel 1969

John Lennon, per una volta d’accordo con McCartney, si mostro’ entusiasta, così come Ringo Starr: George Harrison fu il più freddo, anche perché si sentiva sempre più lontano dai destini del gruppo (che intanto annuncio’ ai media Get Back!).

Il chitarrista, probabilmente il più sensibile agli sbalzi umorali della band, sentiva che i rapporti erano ormai compromessi e che i sottili equilibri su cui si basava la perfetta macchina pop dei Beatles erano sempre più precari: lui, che era stato negli anni costantemente (e più che volentieri) un passo indietro alle due primedonne, ora si mostrava sempre meno taciturno e accomodante ad accettare le decisioni dei leader.

Soprattutto i rapporti con Paul erano diventati difficili e il 10 gennaio, dopo una settimana dall’inizio del progetto Get Back!, i contrasti emersero in maniera così evidente dal portare Harrison ad abbandonare le prove.

L’autore di Here Comes The Sun confesso’ agli altri (in un’accesa e interminabile discussione) la sua assoluta contrarietà a ogni tipo di esibizione dal vivo o di viaggio, intimando la sua uscita dal gruppo se Get Back! non fosse stato convertito in un album da studio, lasciando sul tavolo come unica concessione l’esibizione sul tetto della Apple Records.

Lennon, Starr e McCartney cedettero su tutta la linea, anche perché l’entusiasmo iniziale per Get Back! era scemato quasi subito e le difficili condizioni di essere costantemente ripresi durante il lavoro d’incisione (oltre alle ingenti spese per troupe e macchinari) avevano fatto capire a tutti quanto l’abbandono di una comfort zone fosse stato avventato e avesse acuito le tensioni latenti.

Quando le sessioni ripresero, negli studi allestiti dentro la Apple si presento’ Billy Preston, uno dei più apprezzati session men dell’epoca, su invito di George Harrison: il chitarrista sperava che la presenza di un elemento esterno al gruppo avrebbe permesso una distensione del clima. Infatti andò così, tanto da far meritare al giovane musicista la presenza alle successive prove e un contratto con l’etichetta del gruppo.

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Billy Preston alla Apple

Si decise che il concerto sul tetto della Apple sarebbe stato a sorpresa e sarebbe avvenuto  durante la pausa pranzo, con il chiaro intento di bloccare ogni forma di attività nella zona di Saville Row e richiamare, oltre ai curiosi, anche l’attenzione delle forze di Polizia.

Stavolta fu Ringo Starr a contrastare la decisione, facendo nascere qualche dubbio anche al recidivo Harrison, che sperava sempre di poter evitare la soluzione live.

Per evitare che Get Back! finisse in una bolla di sapone, soprattutto dopo i trionfalistici giudizi iniziali, Lennon e McCarney riuscirono forse per l’ultima volta a seguire una linea comune e convinsero i due compagni a tirare dritto e a scongiurare una solenne figuraccia.

E così, non senza difficoltà, si giunse a quel ventoso e rigido 30 gennaio, che, dopo giorni così difficili, non spaventava affatto i quattro musicisti (più Billy Preston): alle 13 salirono sul tetto e per quasi un’ora suonarono dal vivo, registrando Get Back, Don’t Let Me Down, I’ve Got A Feeling (queste ultime più volte), One After 909 e Dig A Pony.

George Martin, da sempre al loro fianco, non si affaccio’ neanche sul tetto, preoccupato di finire alla stazione di Polizia assieme ai Beatles per disturbo della quiete pubblica: i poliziotti alla fine arrivarono, limitandosi a fermare il concerto senza arrestare nessuno.

Quello che verrà ricordato come il Rooftop Concert non sarebbe andato comunque molto avanti, a causa del freddo che stava rendendo davvero difficile suonare.

I Beatles riuscirono a terminare le sessioni di Get Back! e a mettersi alle spalle questo convulso periodo, consapevoli pero’ che i loro giorni insieme erano contati: Abbey Road sarebbe stato il loro ultimo capolavoro e avrebbe preso forma nei mesi successivi.

Il concept dell’esibizione sul tetto della Apple è stata spesso ripresa negli anni successivi: famosi i video di Where The Streets Have No Name degli U2 e The Adventures Of Rain Dance Maggie dei Red Hot Chili Peppers, che non nascondono nelle intenzioni la volontà di rifarsi al live dei Beatles, anche se l’omaggio più celebre e riuscito resta quello dei Simpson e dei Re Acuti.

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