Marvel’s The Punisher

La serie del Punitore di Netflix.

Alla fine anche il Punitore ha avuto giustizia dopo film a tratti imbarazzanti e poco coerenti con la storia dell’antieroe per eccellenza dei comics americani. Netflix è riuscita con il suo Marvel’s The Punisher a rendere credibile un personaggio difficile, spigoloso e molto sfaccettato, che potenzialmente poteva rivelarsi un boomerang per l’architettura dell’Universo super-eroistico della piattaforma digitale, tutt’altro che stabile dopo gli ultimi passi falsi.

Netflix ha concentrato i suoi sforzi sui personaggi che avrebbero reso meglio in un contesto urbano e soprattutto non avrebbero richiesto investimenti cospicui per essere plausibili anche senza l’eccessivo impiego di effetti speciali: Daredevil, Jessica Jones e Luke Cage più di altri hanno bene o male premiato la bontà del progetto, tutt’altro che agevole.

Nonostante si pensi il contrario, la trasposizione dai Fumetti al Cinema o Tv di characters sulla carta (appunto) vincenti non è sempre semplice: essendo diversi i media e le leggi che li governano, è più facile andare incontro ad adattamenti deludenti (Iron Fist e l’ormai noioso The Walking Dead versione A-Team) o semplicemente inguardabili (il Daredevil con Ben Affleck e qualsiasi film sui Fantastici Quattro), piuttosto che riuscire a imporsi in questa sfida (il Batman di Nolan su tutti).

Frank Castle si differenzia dagli altri protagonisti dei comics per essere privo di poteri speciali, se non l’essere una macchina da guerra formidabile anche grazie al servizio prestato come Marine in Afghanistan: la perdita della famiglia, uccisa in un agguato, lo ha trasformato nel Punitore, un vigilante assetato di vendetta e pronto a tutto pur di ottenerla.

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I lasciti della guerra, i demoni con cui convivere ogni giorno, i conflitti morali e la violenza a cui, volenti o nolenti, ci si abitua, vengono tutti affrontati nel corso della serie e permettono alla storia di acquisire una profondità e delle sotto-trame che trasportano lo spettatore attraverso tredici intensi episodi. Ma sono soprattutto i rapporti umani  a reggere le serie tv: l’amicizia, la famiglia, la fiducia (e la solitudine provocata dall’assenza di queste) decidono gli eventi e collegano i vari protagonisti tra loro.

Il fantastico debutto del Punitore nella seconda stagione di Daredevil aveva già dato un assaggio di quello che si sarebbe potuto fare con un personaggio simile: ma i presupposti sono andati anche oltre, grazie soprattutto a Jon Bernthal e alla sua intensità che spesso è stata la principale assenza in molte interpretazioni di super-eroi (qualcuno ha detto Iron Fist?). L’attore sembra nato per la parte e si cala perfettamente nelle sofferenti e scomode vesti del Punisher, rendendo credibile il suo dolore e la sua ossessione, il suo contorto codice morale e il suo ergersi giudice, giuria e boia.

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La furia inesorabile che Frank, costantemente in bilico tra pazzia e sanità, a stento sembra contenere dentro di sé trasporta letteralmente di peso tutta la storia, in cui la brutalità di una mente ormai danneggiata non viene mai risparmiata né celata, ma mostrata come un viatico necessario per il protagonista. Il Punitore non riesce a vivere lontano dall’abbraccio della violenza, anche se prova inutilmente a sfuggirle: la punizione, oltre che sui criminali, Frank la compie soprattutto su sé stesso, incapace di andare oltre la perdita dei suoi cari e alla costante ricerca di un sollievo, per quanto minimo, al dolore.

Il supporting cast è di prim’ordine: Amber Rose Revah delinea una convincente e forte Dinah Madani, inflessibile e dura quasi quanto Castle; Ebon Moss-Bachrach permette a Micro (famosa spalla nei fumetti) di rinnovarsi e disegna in maniera solida un uomo schiacciato da eventi più grandi di lui, incapace di reagire come il Punitore; Ben Barnes è un Billy Russo ambiguo e spietato, comunque plausibile nel perseguire la propria strada; Daniel Webber interpreta con complessità l’impossibilità di Lewis Walcott di tornare a vivere nella società civile dopo gli orrori vissuti in guerra.

Non mancano i collegamenti con le altre serie Marvel, cui Netflix ci ha abituato: la presenza della giornalista Karen Page (Deborah Ann Woll) permette a The Punisher di agganciare le vicende passate vissute in Daredevil e di ampliare le possibilità narrative, mostrando quanto possa essere devastante per la vita di una persona normale avere a che fare con pazzi omicidi o vigilanti più o meno mascherati.

Il Punitore realizzato da Netflix vince la sfida e arricchisce il già ben nutrito catalogo super-eroistico Marvel della piattaforma digitale, di cui diviene il migliore rappresentante: l’avvincente trama, un convincente cast e soprattutto un grandissimo Jon Bernthal riescono a esaltare un prodotto ben curato e mai banale che disegna la guerra come un incubo senza fine. Non mancano i momenti di stanca (a cui ormai in un serial siamo abituati), ma The Punisher batte anche questi ultimi ed emoziona e trascina fino a farti domandare il prima possibile un seguito. Da vedere assolutamente.

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