La Re(tro)censione dell’ultimo album di Prince prima del cambio del nome.
Venticinque anni fa Prince pubblicava come al solito il suo album annuale: era una consuetudine che si era affermata nel corso di tutta la sua carriera e il 1992 non poteva interromperla. Prince And The New Power Generation (detto anche Love Symbol per il simbolo del cantante che campeggiava sulla copertina) era il suo quattordicesimo disco dal 1978, anno in cui era iniziata la sua folgorante carriera, che lo aveva portato a essere uno degli artisti più rilevanti degli anni 80.
Il suo secondo lavoro accreditato con i New Power Generation (nella cui formazione si segnala l’assenza della corista Rosie Gaines, sostituita dalla futura signora Rogers, Mayte Garcia) viene rilasciato in ottobre (giusto dodici mesi dopo Diamonds & Pearls) e mostra sulla copertina un frammento tratto dal video di 7, una delle canzoni più rappresentative di Love Symbol.

Il disco produce cinque singoli e continua il rinnovamento di stile che Prince si era imposto per inseguire le nuove sonorità legate all’hip hop, dando spazio al rapper Tony M. in ampie sezioni delle canzoni, che vengono legate tra loro (quasi ci si trovasse di fronte a una sorta di concept album, anche se molto blando) da vari intermezzi in cui l’attrice Kirstie Alley recita la parte della giornalista d’assalto Vanessa Bartholomew.
Il disco parte col botto con My Name Is Prince, il pezzo più hip hop mai realizzato fino a quel momento da Prince, che declama tronfiamente e polemicamente che “My name is Prince, I don’t wanna be king ‘cause I’ve seen the top and it’s just a dream” (c’è un attacco neanche troppo velato a sua maestà Michael Jackson) a cui segue Sexy M.F., una sofisticata e ritmata canzone che ricorda all’ascoltatore chi sia il gran maestro del funky.
Tra i tanti pezzi contenuti, vanno segnalati la ballad rock The Morning Papers, l’esercizio pop The Continental, il jazz di Damn U, la chitarra acustica di 7, la cavalcata epica di 3 Chains O’ Gold (che sembra uscita da un disco dei Queen ed è un chiaro omaggio all’appena scomparso Freddie Mercury) e il funk di The Sacrifice Of Victor.
L’estrema eterogeneità del disco mostra sia quanto fosse facile per His Royal Badness passare da un genere all’altro nella costruzione di un’opera rock, sia quanto stesse disperatamente cercando di non perdere il filo con l’evoluzione musicale e i gusti del pubblico: già con Diamonds & Pearls si era intravista questa tendenza a non voler/poter dettare più la tendenza musicale, adeguandosi e appiattendosi a sonorità meno sperimentali.

Questi segnali di cedimento non facevano ancora venir meno grandi canzoni, attorno a cui però non si amalgamava con la stessa facilità di un tempo la realizzazione di un discorso musicale coerente e strutturato. Ma se solo a un occhio attento potevano palesarsi deboli segnali di cedimento e di difficoltà dell’artista, nessuno poteva immaginare cosa sarebbe successo dopo la pubblicazione di Love Symbol.
Il nuovo e sostanzioso contratto per sette album che Prince aveva strappato alla Warner dopo Diamonds & Pearls, gli garantiva il diritto di intascare dieci milioni di dollari come anticipo per il lavoro successivo se il disco avesse venduto almeno cinque milioni di copie. La Warner si sentiva garantita dal fatto che l’autore, spinto dal premio, continuasse a scrivere e a sfornare hit e abbandonasse l’idea di concedersi a troppe sperimentazioni. Inoltre, se non si fossero raggiunte le copie stabilite, non veniva staccato nessun assegno e Prince sarebbe stato costretto a riprovare con il disco successivo.
Quello con cui non avevano fatto i conti i dirigenti della Warner era la difficile gestione del talento del folletto, sempre meno disponibile a seguire i consigli non richiesti. La continua pubblicazione annuale era da anni un campanello d’allarme su cui la casa discografica aveva più volte provato a far ragionare Prince, che per tutta risposta aveva scrollato le spalle e continuato a fare a modo suo. Ma adesso, complice un appannamento della sua vena compositiva, il problema dell’eccessiva sovraesposizione poteva manifestarsi in qualunque momento e così avvenne, per svariati fattori.
Diamonds & Pearls aveva prodotto cinque singoli, l’ultimo dei quali si era praticamente accavallato con il primo di Love Symbol, quel My Name is Prince, che tra l’altro la Warner non voleva fosse il pezzo con cui lanciare l’album. Le radio fecero resistenza e si mostrarono scettiche nel mandare in onda l’ennesima canzone di Prince, che inoltre apparteneva a un album che non aveva titolo e che metteva in difficoltà i tipi del marketing nel promuoverlo. La partenza sbagliata di Love Symbol acuì le frizioni tra il cantante e la Warner, che si vide accusata di non fare abbastanza per rendere l’album un best seller.

Da lì iniziò la guerra tra il genio di Minneapolis e la sua storica etichetta. Prince, deluso per le vendite del disco (che da previsioni non si sarebbero avvicinate ai cruciali cinque milioni), provò a forzare la mano per pubblicare subito un nuovo album, contravvenendo a quanto voluto dalla Warner, che rifiutò la proposta. A un certo punto, frustrato e sentendosi all’angolo, chiese di annullare l’accordo in cambio delle canzoni che aveva inciso da anni e che non aveva mai pubblicato, ma i dirigenti della Warner gli intimarono che i contratti non potevano essere stracciati.
La situazione degenerò. Mentre Love Symbol vivacchiava senza entrare nella Top Ten, Prince mostrò sempre più apertamente la propria delusione verso la Warner, fino ad arrivare al famoso annuncio del 1993, quando dichiarò di essere uno schiavo dell’industria (andando in giro con la scritta sul volto) e per questo rinunciava al proprio nome e si ritirava dalle scene. Alla Warner non si fecero impressionare, ricordando all’artista e alla stampa che Prince doveva loro ancora sei album.
Iniziò quindi la lunga fase dell’abbandono del nome da parte del signor Nelson, che per tutti gli anni 90 dovette pubblicare identificandosi solo con il suo simbolo (o facendosi chiamare T.A.F.K.A.P., acronimo per “The Artist Formely Known As Prince”), mentre la sua vecchia casa discografica continuava a detenere i diritti sui lavori a nome Prince. Questa situazione si sarebbe risolta solo negli anni 2000, ma nel frattempo la stella di Prince aveva perso molta della credibilità acquisita nel tempo.
Nonostante Prince And The New Power Generation (o Love Symbol che dir si voglia) non venga ricordato come uno dei migliori lavori del folletto di Minneapolis, ne mostra comunque l’impressionante capacità di scrittura, che lo vede passare agevolmente dalla ballata al jazz, dal funk all’hip hop, dal pop al rock come solo lui sapeva fare. Nelle intenzioni di Prince doveva essere il suo ennesimo best seller, ma così non fu e l’estrema delusione e frustrazione per non esserci riuscito diedero il via alla fine del suo rapporto con la storica etichetta con cui collaborava da sempre.
Mi sono spesso domandato come sarebbe stata la sua carriera se questo disco fosse stato più fortunato e lui fosse stato meno testardo: ma la genialità di questo artista immenso era pari solo alla sua bizzosità e le mosse che compì lo portarono a distruggere in poco tempo gran parte della sua carriera (e magari un giorno questa storia sarà materia per un What If, come già avvenuto per la morte di Elvis divisa in parte uno e due o per quella su Lennon).
Prince se ne è andato in un giorno di aprile del 2016: ovunque si trovi ora starà sicuramente facendo ballare i suoi compagni di viaggio.

E sì, caro Luca, oggi è un giorno speciale per tutti i fan di questo straordinario Artista.
Complimenti per la completa retrospettiva che hai fatto sull’album O(+>, le tematiche sul suo cambiamento di rotta e la grande sfida alle major discografiche l’ho ampiamente affrontata sul mio libro “PRINCE. A volte nevica in aprile”, raccontando tanti aneddoti della mia vita da grande appassionato. Questa sera ci sarà una grande festa per celebrare Prince al Vinile di Milano, dove presenterò il mio libro ed esporrò una Cloud Guitar originale (l’unica in Italia) e dove il grande dj Bassi Maestro musicherà sulle note del nostro Uomo di Minneapolis.
U R Now An Official Member Of The New Power Generation…
Peace & B Wild, Rudy.
Complimenti e Welcome 2 the dawn.
Una mia intervista al Salone Internazionale del libro di Torino:
https://youtu.be/wmQv1_p9DGM
Grazie Luca per non dimenticare mai il nostro Prince…
E chi se lo dimentica…