Una delle esibizioni più belle di sempre alla Rock’N’Roll Hall Of Fame del 2004.
Anche Tom Petty se ne è andato e l’ha fatto quasi in punta di piedi, proprio come ci si poteva aspettare da lui, sempre poco incline alla continua ricerca di visibilità tanto cara a molti suoi colleghi.
Tom Petty & The Heartbreakers, una sigla che ha attraversato quarant’anni di rock badando soprattutto al sodo, sorpassando mode e generi che duravano il soffio di una stagione e poi venivano presto dimenticati, mentre lui e quelli come lui andavano avanti, almeno fino a che il cuore reggeva: è tragicamente ironico (o ironicamente tragico) che il leader di una band chiamata Heartbreakers se ne sia andato proprio per un fatale attacco di cuore.
Sempre in bilico tra Dylan e southern rock, tra l’essere un cantautore e un rocker, Petty è morto alla fine del suo ultimo tour attraverso gli USA, dopo aver portato ancora in giro le sue storie di gente comune e perdente di professione. Lascia un vuoto nella musica contemporanea come tutti i grandi che se ne sono andati in questi ultimi, tristi anni.
Nel 2004, in occasione delle celebrazioni per l’ingresso nella Rock’N’Roll Hall Of Fame di George Harrison, Tom Petty salì sul palco assieme al figlio di quest’ultimo, Dhani, il suo storico produttore Jeff Lynn (con cui Petty, Harrison, Bob Dylan e Roy Orbison formarono i Traveling Wilburys), Steve Winwood e l’altro grande introdotto di quell’anno: Prince.
Questo super gruppo si esibì in un’incandescente While My Guitar Gently Weeps che vide Petty al canto e il folletto di Minneapolis scatenarsi come suo solito con la chitarra. L’incontro di questi due artisti avvenne per caso su quel palco, con una esecuzione improvvisata a poche ore dall’evento: Petty, sapendo che Prince era tra gli ospiti della sera, si mise in testa di coinvolgerlo nel tributo all’ex Beatle e quando gli venne riferito che anche il Purple One aveva avuto la stessa idea e ne aveva già parlato con la produzione, quasi non ci credette.
Quel “Go on, go on” rivolto a un certo punto da un divertito Petty a Prince, durante l’infinito e torrenziale assolo finale, mostra quanto artisti per tanti versi così diversi, ma entrambi grandi, non avessero nessun problema a interagire tra loro. Ora potranno forse suonare ancora insieme, stavolta magari con George Harrison stesso.
Sì Luca, il due ottobre il mondo ha perso un’altra pietra miliare della nostra epoca musicale, il grande Tom Petty.
Ricordo con malinconia gli sguardi d’intesa che Tom e Prince si scambiarono la sera del 5 marzo 2004, quando si esibirono in questa memorabile performance di While My Guitar gently Weeps.
Penso che forse nessuno meglio di noi, grandi appassionati di musica, possa cogliere le sfumature di genialità che permearono quella serata dalle sfumature di poetica genialità.
Un po’ prematuramente ci sta abbandonando l’era della musica suonata in maniera sopraffina, dove il culto per le sonorità pure era forse indice di una diversa profondità culturale.
Spero i giovani abbiano la possibilità di riscoprire queste sacre icone, avvicinandosi alla musica suonata, quella vera che riesce a far vibrare le più recondite corde dell’anima.
Non capirò mai fino in fondo per quale arcano motivo Prince sia rimasto ingiustamente nell’ombra nel nostro paese. Forse non essendo classificabile con un preciso stile musicale o forse per la sua eccessiva (ma geniale) eccentricità scenica, ha distratto il pubblico italiano a tal punto da finire per disinteressarlo.
Troppe volte mi son sentito dire “…ma Prince è da un po’ che non fa dischi”, ad esempio nell’arco degli anni 2000, nei quali la sua sperimentazione musicale ha visto i più alti livelli della sua lunga carriera di compositore e performer. Ecco lo sfogo del libro che ho scritto con tanta passione.
Da noi Prince ha funzionato poco per l’immagine eccessivamente ambigua e praticamente solo grazie a Purple Rain, successo che era impossibile evitare anche dalle nostre parti: anche nei giorni successivi alla sua morte chi lo ricordava nei media tirava fuori Purple Rain o al massimo Kiss. Tom Petty era l’artista della porta accanto, normale e quasi sobrio e per questo vederli accanto quella sera fece ancora più risalto. Ma i fuoriclasse vanno oltre le nostre piccole congetture e sono sempre in grado di coesistere, perché fatti della stessa pasta.
Hai pienamente ragione Luca, quoto e sottoscrivo tutto ciò che hai affermato. Dispiace che si stia voltando pagina da quest’epoca meravigiosa che abbiamo avuto la fortuna di poter vivere.
I ricambi non promettono al momento molto in termini di carisma e songwriting, ma c’è sempre una speranza. Per il momento godiamoci quello che ci hanno lasciato artisti come Petty, Prince, Bowie, Cohen, Jannacci, Michael, De Andrè, Battisti, Mercury…
Meraviglia, meraviglia, meraviglia…potrei scriverlo all’infinito!
lo so che esula dal contesto musicale ma adorai l’abbigliamento di prince in quell’occasione, una raffinatezza xhe solo lui poteva indossare. Oggi lo trovo ancora stupendo.
I completi di Prince meriterebbero un articolo apposito e magari un giorno chissà…
I ricambi basta saperli andare a cercare, e in tv difficilmente si vedono.
St. Vincent per dire.
Hai ragione: purtroppo l’industria musicale ormai vive solo di talent show e si preoccupa solo di creare personaggi televisivi che durano pochi mesi e poi vengono dimenticati in fretta. Gli artisti non hanno mai smesso di nascere, si è abbandonata la loro ricerca.