Rattle And Hum, il passo falso degli anni 80 degli U2

Rattle And Hum è stato l’album che ha arrestato l’ascesa degli U2, che negli anni 80 sembravano infallibili, a conferma che anche se sei la più grande band rock del mondo puoi sbagliare.

Dopo i timidi inizi di Boy e October, Bono e soci hanno intrapreso un cammino inarrestabile, grazie soprattutto alle loro liriche appassionate , al loro impegno civile mai banale, e a un inconfondibile stile musicale che li differenzia dalle varie band New Wave dell’epoca, che rimette il Rock al centro della scena.

Gli U2 nel 1987 sono i più genuini esponenti del rock. The Joshua Tree ha conquistato le classifiche di ogni paese e il gruppo irlandese ha visto consolidarsi il proprio status di migliore band del pianeta.

Purtroppo quando arrivi cima è anche più facile cadere. Questo accade inevitabilmente agli U2 con il loro album successivo: Rattle And Hum.

rattle and hum
Gli U2 nel 1988.

I Still haven’t Found What I’m Looking For cantava Bono in The Joshua Tree e questo disco, pubblicato nel 1988, conferma purtroppo che la ricerca non è terminata.

Rattle And Hum doveva essere il disco della consacrazione definitiva, quello che sarebbe andato oltre le milioni di copie vendute dal suo scomodo predecessore, permettendo al gruppo di Dublino di non doversi confrontare continuamente con questo ingombrante fantasma che ricordava loro quanto potessero essere grandi.

Per la realizzazione di questo progetto (che comprende oltre all’album anche un film documentario) ci si appoggia alla produzione di Jimmy Iovine, mettendo in stand-by la sagace guida di Brian Eno.

rattle and hum

L’errore commesso con Rattle And Hum è di realizzare un album ambiguo: se si fosse puntato dagli U2 a un intero album di inediti, probabilmente la delusione di critica e fans (di quasi tutti i fans) non sarebbe stata così evidente.

Alla fine tutti avrebbero chiuso un occhio sull’eventuale valore dell’opera, avendo ancora nel cuore e nelle orecchie With Or Without You o Bullet The Blue Sky, ma l’idea di mescolare pezzi live e nuove tracce ha reso il disco poco omogeneo e quasi una collezione di b-sides, nonostante il valore di molte canzoni.

Inoltre, è difficile perdonare a un gruppo che fino a quel momento aveva fatto della credibilità (e, per quanto possa sembrare ingenuo, anche della purezza) uno dei propri fiori all’occhiello, la decisione di inseguire in maniera così vistosa il mercato americano, dimenticando e quasi rinunciando alle proprie radici.

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Se i tributi ad artisti come Bo Diddley (Desire) e Billie Holiday (Angel Of Harlem) possono anche passare per sinceri, molte delle altre canzoni sembrano vuoti omaggi a qualcosa che non appartiene al DNA del gruppo.

When Love Comes To Town (che almeno risolleva le quotazioni del grande B.B.King) dovrebbe essere nei propositi un blues, ma si rivela solo un poco riuscito tentativo di approcciarsi allo stile, finendo per essere una canzone carina e un po’ ingenua, mentre God Part II (nelle intenzioni più che degna) sembra un modo di insinuarsi tra i grandi del passato (in questo caso John Lennon, che aveva scritto God).

E’ questo che rende il disco sbagliato, e cioè volersi per forza mettere allo stesso livello del Gotha del Rock senza un minimo di timore reverenziale, mostrandosi anzi spocchiosi.

In Helter Skelter, uno dei pezzi live, Bono si lancia in una maldestra dichiarazione che non rende giustizia alla sua autoironia (che in questo album è praticamente assente ingiustificata), introducendo la canzone con This is a song Charles Manson stole from the Beatles, and now we’re stealing it back.

Non ci siamo, gli U2 non sono uno dei tanti gruppetti inutili degli anni 80, che appena vendono qualche disco si sentono i nuovi Rolling Stones. Forse il loro cammino ha preso un sentiero sbagliato e la critica non si tira indietro, mostrando tutti i difetti dell’album. Non bastano All I Want Is You e Heartland per salvare questo disco, che  lo stesso Bono rinnegherà in qualche modo anni dopo, dicendo di aver fatto “una cazzata”.

Le vendite non mancano, anche perché la macchina U2 è difficile da fermare, ma la delusione resta, soprattutto per chi crede che il rock non debba essere solo business (e gli U2 dell’epoca non sembravano essere questo).

Forse senza questo disco il decennio degli U2 sarebbe stato perfetto. Addirittura sarebbe stato preferibile un Greatest Hits che racchiudesse le migliori canzoni tre o quattro canzoni di Rattle And Hum per chiudere questa straordinaria decade, ma così non è andata.

La band, comunque, conscia di aver compiuto un passo falso e di dover cambiare veramente per poter andare oltre The Joshua Tree e metterselo alle spalle, si ritira a Berlino e lì partorisce il disco del riscatto: Achtung Baby.

Da un disco sbagliato, a volte, può nascere un capolavoro.

10 commenti

  1. Interessante. A me il disco piacque (non che fosse paragonabile a Joshua tree, intendiamoci) e lo difesi da chi lo criticava (amici e conoscenti). L’effetto che mi fece, però, fu che smisi con quel disco di ascoltare gli U2: Achtung Baby è un disco che ho comprato e che conosco poco. Freddezza. Revisione dei giudizi su un gruppo che pareva ma poi non era. Restano quel capolavoro di disco (JT) e le belle cose fatte prima. Che poi un rutto degli U2 sia meglio di tanta roba che circola possiamo anche non dirlo.

    • Anche a me piacque quando lo comprai, però col tempo mi sono accorto che stonava con quello che erano gli U2 all’epoca per tante forzature volontarie e non. Certo, a sentire ora gli U2 (per quello che sono oggi) il giudizio sarebbe completamente diverso. E poi sul rutto degli U2 sfondi una porta aperta (e forse anche loro 😉)

    • Io credo che l’ultimo disco “importante” sia Achtung baby. Più che altro perché avevano ancora un progetto dietro al disco. Poi non è sembrato più essere così.

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