Un talento straordinario distrutto da false accuse e tanta sfortuna.
Qualcuno ha detto che se la Fortuna è cieca, la Sfortuna ci vede benissimo; altri dicono che un fulmine non cade mai nello stesso punto. Alcune volte, pero’, la Sfortuna ha molte più diottrie di un cecchino e un fulmine se può ricadere esattamente dove ha colpito la prima volta lo farà: questa è la storia di Walter Chiari.
Per anni Walter Chiari è stato uno dei volti più conosciuti dello Spettacolo italiano, attraversando stagioni di Cinema, Teatro e soprattutto Tv. La sua carriera era iniziata presto e quasi per caso, dopo che era stato scaraventato per gioco su un palco.
Gli anni della Rivista li aveva attraversati tra improvvisazioni e imitazioni che strappavano applausi e grasse risate tra il pubblico, mentre i primi copioni iniziavano ad arrivargli e gli aprivano nuove prospettive di carriera: le sue capacità comiche e recitative venivano esaltate nei film in cui poteva interpretare la parte del seduttore un pò imbranato o del simpatico cialtrone dal cuore d’oro.
Il suo garbato umorismo e la sua presenza solida e affabulatoria erano molto aprrezzati e la RAI non si fece pregare per renderlo uno dei suoi uomini di punta. Il Sarchiapone, lo sketch che più di tutti lo aveva reso celebre assieme alla sua spalla Carlo Campanini, era stato il suo grimaldello per entrare definitivamente nelle grazie del pubblico, che leggeva appassionatamente anche i rotocalchi in cui la sua vita da play-boy e le sue conquiste non mancavano mai.
I film si susseguivano e gli permettevano anche di sperimentare registri diversi: Il Giovedì di Risi, Donatella di Monicelli, L’Attico di Puccini, La rimpatriata di Damiani gli diedero la possibilità di scavare dentro l’amarezza di uomini perdenti e incapaci di reagire alla vita, sopraffatti dallo sconforto e dalla solitudine dei loro errori.
L’unica cosa che mancava alla sua carriera a metà anni 60 era un riconoscimento della critica per le sue doti, che sfiorò con Io, io, io… e gli altri di Alessandro Blasetti. All’epoca quasi vinse il Nastro d’Argento, che andò a Totò per Uccellacci e uccellini, ma lui non se ne crucciò, scrollando le spalle e pensando che il tempo avrebbe giocato a suo favore.
Purtroppo nel 1970 la sua carriera ebbe un primo pesante stop. In un giorno di maggio fu arrestato per spaccio e consumo di droga e condannato dalla pubblica morale a scontare una pena più grande di quella che aveva evitato da parte della Giustizia, che alla fine lo aveva assolto dalle accuse più gravi.
La sua carriera si arrestò e venne emarginato da quello stesso mondo dello Spettacolo che fino a poco prima ne aveva fatto uno dei suoi paladini. Le occasioni lavorative si ridussero sensibilmente e fu costretto a barcamenarsi per anni alla ricerca di un ingaggio che ne riconoscesse ancora il valore.
Dopo una faticosa traversata nel deserto riuscì a farsi di nuovo accettare dalla RAI, ma un altro scandalo incrinò ancora le sue certezze. Nel 1985 fu di nuovo accusato dalla giustizia di spaccio di droga e se anche stavolta venne prosciolto, ormai quelle porte riaperte così a fatica si chiusero del tutto.
Il Cinema gli diede un’ultima possibilità per mostrare che non era finito. Con Romance di Massimo Mazzucco riuscì a sfoderare un’intesa e sofferta interpretazione, che quasi sfiorò la Coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia del 1986. Anche stavolta gli sfuggì un premio, ma non scrollò le spalle immaginando di poter recuperare in futuro. Sapeva che ormai le occasioni che poteva avere per essere risarcito dal destino erano poche e forse quel riconoscimento sfiorato fu quello che più gli pesò tra tutte le sue disavventure. Riprese il Teatro e un pò di Tv: poi, una mattina del 1990, venne ritrovato senza vita nel residence in cui abitava.
La morte lo colse davanti alla Tv, accesa sul mondo dello spettacolo che lo aveva dapprima esaltato e poi gettato via come una maschera rotta, incrinando le sue certezze e costringendolo a un tramonto precoce ed improvviso. Il suo tempo se ne era definitivamente andato stavolta e così il suo stanco sorriso.
una storia bella e triste nello stesso tempo, e un esempio di come il mondo dello spettacolo non lascia scampo, nonostante l’innocenza che si scontra sempre con l’ingratitudine e le mille falsità
Non è purtroppo l’unica. Il “dorato” mondo dello spettacolo butta via spesso i suoi eroi come giocattoli rotti, soprattutto quando li considera non più all’altezza. L’ipocrisia e la chiusura nei confronti di Chiari è stata di uno squallore tremendo.
Ho adorato Walter chiari, lo trovavo eclettico, diverso dai personaggi che giravano in quel periodo, abbastanza animo lbero. Certo parliamo di periodi dove la morale era una punta di diamante…Mi è dispiaciuto il declino che ha avuto, il non essere mai stato riconosciuto a sufficienza, tutt’oggi rispetto ad altri non viene ricordato.
Però dietro quel suo sguardo ci ho sempre visto la malinconia.
Concordo con te: la malinconia era sempre presente nel suo sguardo. Forse per questo quando gli veniva richiesto d’interpretare profondi riusciva così bene a calarsi nella parte.