Il Disco Sbagliato: Neither Fish Nor Flesh

A tutti capita di sbagliare. 

In tutte le discografie prima o poi appare un album che in qualche modo si può considerare sbagliato. Lo può essere per vari motivi, sia per le basse vendite, per le dure critiche ricevute, oppure per realizzazioni frettolose o poco ispirate. Un disco sbagliato può portare allo scioglimento di un gruppo, all’abbandono di qualche importante elemento, oppure essere semplicemente un incidente di percorso da non ripetere. In altre occasioni, invece, puó diventare quell’enorme macigno che zavorra tutta la carriera di un’artista e ne segna per sempre i successivi passi.

Neither Fish Nor Flesh appartiene a questa ultima categoria, soprattutto perché marchia (e per tanti versi rovina) la carriera di Terence Trent D’Arby.

Introducing The According Hardline To, il suo disco di debutto (pubblicato nel 1987), ha riempito le radio di tutto il mondo con azzeccati singoli come Sign Your Name o Wishing Well, scalando tutte le classifiche e arrivando a vendere oltre dieci milioni di copie.

L’artista, grazie alla sua poliedricità, a un’ottima immagine, a una voce calda e graffiante, oltre a una notevole capacità di scrittura degna dei grandi artisti del passato, si pone come legittimo terzo incomodo nella sfida tra Prince e Michael Jackson per il trono di miglior artista di colore del decennio.

Il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un’artista, cantava il poeta e aveva assolutamente ragione. Per D’Arby Neither Fish Nor Flesh (il cui titolo completo, per dovere di cronaca, è Terence Trent D’Arby’s Neither Fish Nor Flesh: A Soundtrack Of Love, Faith, Hope And Destruction, una cosa che neanche la Wertmuller in crisi logorroica) non deve essere solo una conferma del suo talento, ma anche il disco che gli permetta di fare il salto definitivo, quello che ti catapulta direttamente nel Gotha musicale, il club in cui, una volta accolto, nessuno ti butterà mai fuori.

D’Arby chiede e ottiene il completo controllo sulla realizzazione dell’album, imposta un ambizioso progetto che sia una sorta di ponte tra la musica Funk/Soul precedente e quella degli 80, frullando Sam Cooke, Curtis Mayfield, Stevie Wonder e Prince e aggiungendo il suo personale e carismatico tocco.

Neither Fish Nor Flesh esce nell’ottobre del 1989 e si caratterizza, però, per essere fin troppo fedele al suo titolo, risultando né carne, né pesce. Pur contenendo buoni pezzi che confermano le sue grandi possibilità ( This Side Of Love, Attracted To You, I’ll Be Alright), si rivela in definitiva come un’opera auto-indulgente e pretenziosa, in cui la maggior parte delle canzoni non sono all’altezza delle aspettative e, di fatto, non permettono al disco di ripetere i numeri di Introducing According Hardline To, a cui non si avvicina neanche lontanamente.

I difficili rapporti con la stampa specializzata (che non perdona l’ego ipertrofico dell’artista, che aveva dichiarato che il suo primo disco era il migliore realizzato dai tempi di Sgt. Pepper…) non gli permettono neanche una facile sponda nelle recensioni, che sbranano il disco e lo affondano irrimediabilmente. Le poche vendite fanno il resto ed etichettano l’album come un sonoro fiasco, che mina la reputazione del cantante e lo ridimensiona considerevolmente.

Torna con Symphony Or Damn nel 1993 e Vibrator nel 1995 (sottovalutato album per cui stravedo), riuscendo a ottenere buoni riscontri, ma non i grandi risultati del suo debutto. Il carattere dell’uomo non è dei più facili da gestire e accontentare e alla fine la Columbia lo scarica, preferendo lasciar andare un’artista che ha sempre mostrato lampi di genio, ma che non si è mai affermato completamente come tale.

A volte, nella vita, non basta neanche essere un po’ geni, e quando sei quasi sull’uscio del Gotha Club e ti vedi rifiutare l’ingresso, non ti resta che provare a sbirciare dalle finestre e provare a immaginare quanto sarebbe stato bello entrare dentro.

La compagnia sarebbe stata divertente.

 

2 commenti

  1. Questo disco ce l’ho addirittura autografato! L’avrò ascoltato un paio di volte, in effetti. Mi fa piacere che qualcuno si ricordi di “Vibrator”. A me piacevano tantissimo Holding On To You (tra le sue 10 canzoni più belle) e Undeniably (spero di aver scritto bene… ormai sono anni che non ascolto più il ciddì di Vibrator).

    • Holding On To You è una delle canzoni più belle di TTD (o Sananda Maitreya, come si fa chiamare ora) e Undeniably è una prova pazzesca della sua arte. Peccato che se ne siano perse le tracce, perché di talento ne aveva da vendere.

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