La Terra

A volte per riprenderti qualcosa devi rinunciare ad altro.

Ho amato questo film fin dalla prima visione, sia per i temi trattati, sia per la bravura dei suoi interpreti e anche per come racconta una storia che riguarda un po’ tutte le famiglie.

La Terra, uscito nei cinema nel 2006, è un film in cui Sergio Rubini riesce a parlare di tante cose, spesso troppo delicate per essere affrontate e ci riesce con una maestria che non è da tutti.

Luigi (Fabrizio Bentivoglio) è un professore di filosofia che ritorna nella sua Mesagne, in Puglia, dopo esserne fuggito giovanissimo a causa del contrastato rapporto con suo padre. I suoi fratelli, ognuno a modo suo, lo costringono a rituffarsi in un ambiente e in situazioni che credeva ormai rimosse e dimenticate, fino a doversi far carico di rimediare ai tanti problemi della sua famiglia. Michele (Emilio Solfrizzi) è un uomo dalle scarse capacità imprenditoriali, che cerca di barcamenarsi nella sua mediocrità, fino a cadere nelle grinfie di Tonino (Sergio Rubini), uno spietato e ignobile strozzino. Mario (Paolo Briguglia), uno studente impegnato nel sociale, è il più piccolo dei fratelli Di Santo, ed è quello che mostra maggiormente la propria fragilità, non accettando lo stato di semi dissoluzione in cui si trova la famiglia. Aldo (Massimo Venturiello) è il fratellastro, quello più simile al padre per indole, che si trova coinvolto con l’onnipresente Tonino in una storia di donne contese.

La vicenda gira tutta intorno alla masseria di famiglia (e alla terra che la circonda), che è l’eredità dei genitori, o meglio del padre di tutti loro. Michele vorrebbe venderla per saldare in parte i suoi debiti, ma Aldo, che l’abita, si oppone fortemente. Questa vicenda della terra, che per tutti loro è il ricordo di una famiglia che non c’è più e che forse non c’è mai stata, riporta in superficie rancori mai del tutto sopiti, incomprensioni mai confessate e fratture tra i quattro fratelli. Luigi, convinto di possedere un maggiore distacco grazie alla sua lunga assenza, prova faticosamente a mediare, finendo però lui stesso per farsi risucchiare dalle dinamiche familiari.

A complicare la già difficile situazione tra i fratelli ci pensa l’omicidio di Tonino, che viene ucciso da un cecchino durante una processione. Sia Michele che Aldo avrebbero buoni motivi per liberarsi dell’uomo e infatti finiscono nella lente degli inquirenti. La declinazione al noir che prende la storia porta ulteriore spessore al film, che tocca l’apice quando si scopre che l’assassino dell’usuraio è Mario. La vendetta del ragazzo è la conseguenza di un suicidio di uno dei suoi assistiti che non ha retto alle umiliazioni di Tonino. Lo sconforto e lo sconcerto dei fratelli di fronte a questa rivelazione inaspettata, proprio quando Luigi e Aldo sono ormai venuti alle mani, segna il punto di non ritorno. Luigi prende in mano la situazione e decide, da capofamiglia, quello che bisogna fare per non lasciare che tutto vada in malora.

La sua figura acquista così un ruolo ancora più centrale nell’economia della storia e degli avvenimenti successivi, accentrando su di sé tutte le decisioni e le incombenze che porteranno al districarsi della matassa. Solo con la rinuncia alla terra (quella terra da tutti tanto amata e odiata allo stesso tempo, così gonfia di dolore, ma comunque parte di loro) può portare a un nuovo equilibrio. Luigi si carica tutto il peso della sua famiglia e lo porta oltre l’ostacolo, calpestando anche le aspettative e le ambizioni degli altri, perché sente che solo in questo modo può salvare almeno quel che resta. Facendo questo si rivela molto più simile a quel padre da lui tanto odiato, mostrando un cinismo e una aggressività a lungo sopite e forse mai del tutto emerse, tanto da sconvolgere la sua compagna Laura (Claudia Gerini), che non riconosce in quell’uomo ammaccato e violento colui di cui si è innamorata. La sua terra lo reclama e riprende a sé, cancellando tutti gli anni di assenza in pochi giorni e rendendolo di nuovo parte integrante di quel contesto crudele.

La Terra ci mostra come si possa cercare di sfuggire alla propria natura e al proprio retaggio, ma alla fine, in qualche modo, le costrizioni ambientali trovano l’insenatura per tornare a galla e ricordarci che sono parte di noi. Una volta risolto il dramma familiare Luigi non è più quello che era prima di tornare in Puglia, ma non per questo è peggiore. E’ solo più completo, perché è riuscito a venire a patti con i suoi demoni e a sopraffarli senza nasconderli.

Lui e i suoi fratelli non avranno più un luogo dove tornare, una terra da condividere, ma abbandonandola troveranno qualcosa di più prezioso e meno velenoso. Infatti la loro rinuncia segnerà anche la fine dell’infausta influenza di quel padre/padrone che aveva solo saputo dividere e spargere tossine nocive. Una nuova armonia tra loro, complici e consapevoli dell’orrenda fine di Tonino, li porterà a riunirsi attorno a qualcosa di più importante: sé stessi.

La regia di Rubini si muove abilmente tra il dramma e il thriller, costruendo pezzo per pezzo una vicenda solida e piena di allegorie e riuscendo a evitare battute d’arresto e cadute di stile e ritmo. La caratterizzazione e bravura degli interpreti riesce a concentrare l’obiettivo sulle vicende dei Di Santo, distraendo lo spettatore da qualche sbavatura.

Emerge su tutti la bieca figura di Tonino, che viene resa con grande efficacia da un Rubini in stato di grazia, mentre Bentivoglio mostra ancora una volta quanto il cinema abbia bisogno di attori come lui, così capaci di calarsi in ruoli sfaccettati e difficili.

Gli scorci della Puglia, con i suoi vicoli deserti e le pianure assolate, sono lo scenario ideale per un film dalle tinte calde e noir da vedere assolutamente, soprattutto perché ci racconta quello che, a volte, proviamo a nascondere proprio sotto un cumulo di terra.

Un commento

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