Il lungo viaggio nella musica di Pino Daniele

Tra World Music e tradizione italiana.

La figura di Pino Daniele è stata una delle più innovative a cavallo degli anni 70 e 80, capace d’incrociare stili e musicalità apparentemente molto diverse tra loro. L’anima partenopea del cantante, così marcata e profonda (come accade a tanti suoi colleghi partiti da Napoli) riusciva a fondersi con le influenze Blues, regalando all’ascoltatore uno scenario musicale diverso e innovativo, che permise al giovane Daniele di emergere tra i cantautori dell’epoca per originalità e capacità strumentali.

I primi passi con Napoli Centrale (in cui conobbe James Senese) e i successivi album Terra Mia, Pino Daniele e Nero A Metà, favorirono la crescita di questo talento dalle idee chiare, ma ancora incerto su come realizzarle. Se con Terra Mia del 1977 (in cui è contenuta Napule è) il talento si mostrava acerbo, già con il successivo Pino Daniele del 1979, l’impianto musicale appariva già più solido e con le idee più precise su dove dirigersi. A questo disco appartengono molti dei capisaldi della carriera del cantante, come Je sto Vicino A Te, Je Sò Pazzo e Chi Tene O’ Mare.

Il grandissimo successo di vendite di Nero A Metà (quasi 300.000 copie) nel 1980, permise a Pino Daniele di ergersi a punto di riferimento per la scena musicale napoletana del nuovo decennio, anche grazie a I Say I’ Sto ‘Ccà, Quanno Chiove, Alleria, A Me Me Piace ‘O Blues.

Vai Mo’ del 1981 ripeté la fortunata formula del precedente lavoro, anche se mostrò un po’ di stanchezza nelle composizioni e nello stile. Un primo tentativo di rinnovare la fortunata miscela su cui si fondava la poetica musicale di Pino Daniele avvenne con Bella ‘Mbriana del 1982. L’album è più intimo e meno orientato al Rock, con maggiori sfumature di natura jazzistica, anche grazie alla collaborazione con e Alphonso Johnson.

Il fortunato allargamento di contaminazioni musicali portò alla nascita di Musicante (1984), in cui la chitarra di Daniele incontrava suoni e atmosfere orientali e africane. Seguirono tre opere che aggiungono tanto alla qualità compositiva del chitarrista, ma che, per tanti versi, non vennero capiti e accettati da critica e fans, portandolo verso un percorso musicale che ne deviò il cammino.

Questi album sono Ferry Boat, Bonne Soirèe e Schizzechea With Love, che tra il 1985 e il 1988 approfondiscono ulteriormente il linguaggio di Musicante, allargandolo e accentuando le influenze di natura World Music già presenti e regalando dischi sfaccettati e pieni di riferimenti diversi, che non rinunciano alle radici partenopee del cantante.

Con Mascalzone Latino del 1989, Pino Daniele provò a staccarsi dalla struttura dei suoi lavori precedenti, senza rinnegarla del tutto, imbracciando la chitarra classica a scapito della fedele elettrica e concependo un disco più grintoso e meno stratificato, che aveva tra le composizioni la delicata e commossa Anna Verrà.

Il decennio che lo ha consacrato a star del Blues latino e gli ha permesso di farsi conoscere anche a livello internazionale, si chiude con quest’opera, che porta con sé anche la fine di un periodo stilistico per l’artista. La voglia di essere più immediato (e forse anche un po’ più commerciale) gli fece incidere Un Uomo In Blues. Il disco, che uscì nel 1991, segnò il ritorno alla chitarra elettrica e spostò la direzione musicale verso un’atmosfera molto più easy, con il singolo ‘O Scarrafone che imperversò in tutte le radio e divenne un tormentone.

Il completo e inesorabile passaggio al Pop ci fu però con Che Dio Ti Benedica, album del 1993, che ripresentò la stessa fortunata formula del disco precedente e scalò ancora le classifiche, anche grazie alla canzone da cui prende il titolo. La vera esplosione di vendite avvenne con Non Calpestare I Fiori Nel Deserto del 1995, che sfiorò il milione di copie e mostrò il tentativo da parte del cantante coniugare la sua nuova propensione Pop con le antiche influenze mediterranee, riuscendo in qualche modo a far quadrare i conti. Pezzi come Bambina e Io Per Lei invasero le radio e confermarono Pino Daniele come uno dei protagonisti degli anni 90.

La stessa impostazione (e propensione alle vendite) la si può ritrovare anche  in Dimmi Cosa Succede Sulla Terra del 1997, che vendette anche più del precedente lavoro, grazie a canzoni come Che Male C’è e Dubbi Non HoCome Un Gelato All’equatore chiuse nel 1999 il fortunato decennio dell’artista, anche se le sempre meno velate critiche negative della stampa specializzata non risultarono prive di conseguenze. Pino non sembrò gradirle troppo, sbottando in varie interviste e mostrandosi ombroso nei confronti dei giornalisti, che gli ricordavano spesso quanto si fosse allontanato dalle gemme che aveva composto nei suoi primi anni di carriera.

Con Medina del 2001 si presentò un primo cedimento nelle straordinarie vendite del cantante (che segnarono, comunque, oltre 300.000 copie), impegnato a rimescolare le carte e a provare una sintesi tra lo stile un po’ più impegnato dei suoi lavori degli anni 80 e quello più leggero dei 90. Con Passi D’autore del 2004 Pino Daniele vira verso maggiori venature jazzistiche, cercando di proporre un lavoro ambizioso e più simile ai suoi fortunati album degli anni 80. Lo spingersi sempre più verso la sperimentazione sonora lo porta a Iguana Cafè del 2005, un disco breve e poco incisivo, che ha tra le canzoni che lo compongono It’s Now Or Never, la cover di ‘O Sole Mio realizzata da Elvis Presley.

A questo disco succede nel 2007 Il Mio Nome E’ Pino Daniele E Vivo Qui, in cui l’artista riesce a raddrizzare l’asticella della qualità e a realizzare un album sicuramente più pregevole dei precedenti, anche se lo strabordante successo di vendite è ormai un ricordo. A tentare di porre fine a questa emorragia di vendite, viene pubblicato nel 2008 Ricomincio Da 30, disco in cui Pino Daniele celebra la propria carriera risuonando gran parte dei suoi pezzi più famosi e belli assieme ai suoi collaboratori storici come James Senese, Tullio De Piscopo e Tony Esposito.

Electric Jam del 2009 lo vede tornare a concentrarsi sulla chitarra elettrica, mentre l’anno successivo dà alle stampe Boogie Boogie Man, un disco incentrato sulle collaborazioni con altri artisti. Nel 2012 pubblica La Grande Madre, il suo ultimo lavoro in studio, con cui prova a riaggiornare ancora il suo sound, ma che non raccoglie particolari consensi.

Con la morte di Pino Daniele scompare uno dei più grandi artisti degli ultimi 30 anni. La continua ricerca di un equilibrio tra le sue radici e le influenze esterne che man mano lo appassionavano, ha contraddistinto tutta la sua carriera, attraversando i favori del pubblico e molto spesso della critica. La sua musica, a lungo ispirata e innovativa, ha riempito il cuore e le orecchie di tanti, con canzoni come Napule é, Quando, Appucundria. Di sicuro è stato il migliore esponente della scuola napoletana moderna, capace di raccogliere attorno a sè artisti ed esperienze diverse, avvicinando la World Music al panorama italiano.

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