What if: e se Elvis Presley non fosse morto? (Prima parte)

Come sarebbe proseguita la vita e la carriera del re del rock’n’roll se non fosse morto nel 1977?

Elvis Presley è morto nell’agosto del 1977, poco prima di imbarcarsi in un nuovo tour. La sua non si può certo considerare una vita felice in quel particolare momento: il matrimonio naufragato con Priscilla nel 1973, l’abuso di farmaci per sostenere il serrato ritmo dei suoi impegni, il disordine alimentare e la depressione, sono da considerarsi probabilmente i principali motivi che portarono Elvis alla morte. Ma prima di addentrarci nel nostro What If proviamo a riepilogare la vita di Elvis fino a quel momento.

Dopo il servizio militare in Germania, l’Elvis Presley che rientra in patria è un diverso musicista, più crooner e meno rocker. La svolta della sua carriera, come di quasi tutte le altre da questo momento in poi, si deve al suo manager, il “Colonnello” Parker, che si preoccupa prevalentemente di badare ai possibili introiti che il suo protetto può garantirglisi.

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Passami la banca.

Elvis, su intuizione del suo ingombrante manager, passa quasi tutti gli anni 60 recitando in filmetti innocui e dalle sempre più esili trame, che gli permettono però di restare sulla cresta  dell’onda con ottimi risultati, almeno per qualche anno. Inoltre, la pubblicazione delle colonne sonore di questi film, che non sono altro che un pretesto per veicolare le sue canzoni con migliori riscontri commerciali, gli permettono di non allontanarsi dai suoi fans della prima ora, nonostante il travolgente performer di un tempo, quello che veniva definito “Elvis The Pelvis”, sia sempre più uno sbiadito ricordo.

A metà del decennio, la continua declinazione dello stesso stanco copione riesce a stufare anche i più devoti ammiratori di Presley, che si vede sbriciolare le proprie sicurezze acquisite ed è costretto a tornare a correre ai ripari, dedicandosi prevalentemente alla musica. Realizza il famoso Comeback  Special, show televisivo in cui si gioca il tutto per tutto, esibendosi dopo anni dal vivo. Elvis con grande professionalità e dignità riesce a imporsi di nuovo agli occhi del pubblico come la star che è, tornando a pubblicare album e a scalare le classifiche.

Gli anni 70 li passa quasi del tutto esibendosi in spettacoli dal vivo, riscuotendo successi e celebrazioni, anche se appare evidente che qualcosa inizia a incrinarsi nell’uomo.

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E non solo dal punto di vista estetico.

Il 16 agosto del 1977, nel primo pomeriggio, Elvis viene trovato incosciente nel suo bagno a Graceland e, dopo inutili tentativi di cure, dichiarato morto poco dopo per attacco cardiaco. Partiamo quindi da quell’agosto del 1977, provando a immaginare un diverso epilogo a quella giornata.

L’attacco di cuore che colpisce il cantante non si rivela mortale, ma l’idea che colui che si definisce The King abbia rischiato di morire sopra un sanitario del bagno qualunque, lo sconvolge talmente da fargli comprendere quanto stia buttando via la sua vita. Fa annullare a un poco convinto Parker tutti i suoi impegni a tempo indeterminato e si dedica a rimettere insieme i cocci della sua vita. Entra in un istituto che lo disintossica dalle sue  dipendenze farmaceutiche e si impone un severo regime alimentare, provando ad abbattere gli oltre 150 KG che si trascina dietro.

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Concedendosi qualche libertà.

I medici gli sconsigliano caldamente di abbandonare anche le infinite tournée con cui ha convissuto per anni, poiché il suo cuore non può più permettersele. Recepito il messaggio e sentendosi comunque di nuovo in forma, Elvis inizia a progettare l’ennesimo rientro sulle scene. L’occasione capita con Grease. La produzione aveva già proposto il ruolo dell’Angelo dei giovani a Elvis mesi prima, vedendosi rifiutare l’offerta da Parker, ma l’improvviso malore che aveva colpito poco prima dell’inizio delle riprese Frankie Avalon, a cui era poi andata la parte, permettono a The King di interpretare il film.

Il successo strepitoso di Grease, che consacra definitamente John Travolta a star, ridà coraggio nei propri mezzi a Presley, che vuole tornare a dominare le classifiche. Il Colonnello non aspetta altro e , visto l’enorme successo della Disco Music, lo convince a registrare un album composto dai suoi pezzi più famosi arrangiati secondo la moda imperante. Elvis riesce a ottenere la collaborazione in produzione di Giorgio Moroder, colui che, grazie al suo sound, aveva permesso alla carriera di Donna Summer di andare oltre ogni previsione e il disco esce sul finire del 1978.

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La copertina.

In the (Disco) Ghetto, nonostante le feroci critiche che lo affossano come una mera operazione kitsch, permette a Elvis di tornare nel 1978 nella Top Ten, e di avvicinare nuove schiere di fans.

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Tony Manero non sei nessuno.

L’esibizione al Saturday Night Live del 1979 con Dan Aykroyd e John Belushi nei panni dei Blues Brothers,  lo riporta alla ribalta televisiva. Rivedendosi forse in Belushi, che ormai ha intrapreso la sua parabola autodistruttiva, prova a convincerlo a ripulirsi dalle droghe, senza riuscirci. L’amicizia instaurata con i comici lo porta a essere scritturato per il film che hanno in messo in cantiere, divenendo di nuovo protagonista di un cameo prestigioso, partecipando alla scena finale del film in cui, assieme a tutta la band, esegue la sua Jailhouse Rock in prigione.

Il film sui Blues Brothers lo fa riavvicinare alle sue radici musicali: Elvis vuole fare un disco di gospel. Parker si oppone fortemente, anche perché vorrebbe un seguito di In The (Disco) Ghetto, ma è costretto alla resa, sentendo, forse per la prima volta, di non avere più il pieno controllo del “ragazzo”. La tensione tra i due non è senza conseguenze, ma in qualche modo si riesce a contenere sotto traccia.

Nell’ottobre 1982 Elvis pubblica il suo nuovo e pieno di aspettative The Gospel In Me, ma gli esiti dell’album non sono quelli sperati.

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Il disco fatica a entrare in classifica, finendo presto ai margini della rotazione radiofonica. Addirittura la neonata MTV si rifiuta di trasmettere il video del singolo che dà anche il nome all’album, non considerandolo materiale pertinente per il pubblico di adolescenti che seguono il network. Tutto ciò provoca un enorme eco nei media, che si sbizzarriscono a scrivere coccodrilli sulla carriera dell’ex Re. Elvis subisce il colpo, sente che questa volta il pubblico lo ha abbandonato, che non è più in sintonia con lui, che forse è finita.

Si rinchiude a Graceland, in un silenzio che sa di sconfitta. I rapporti con il suo storico manager sono ormai ai minimi termini, con accuse pesanti e parole grosse che volano come pallottole. Qualcuno dei presenti racconta che le pallottole sarebbero state preferibili. In soccorso del cantante arriva Priscilla, con cui i rapporti, nonostante i tradimenti e il divorzio, non si sono mai interrotti. La donna, in procinto di entrare nel cast di Dallas, sprona l’ex marito a non deve arrendersi, perché lui è ancore il Re, e se c’è stato un Comeback Special nel 1968, ce ne può essere un altro nel 1983, esattamente 25 anni dopo.

Elvis si convince e firma una pace armata con il Colonnello, che acconsente anche perché  non vuole abbandonare “il ragazzo” al suo destino, adoperandosi subito per organizzare l’evento, convinto della sua riuscita. Il medico personale di Presley, temendo effetti negativi per la sua salute a causa dello stress che uno show simile può procurare, prova a metterlo di fronte all’età e agli acciacchi che avanzano, ma non ne scalfisce la determinazione. Elvis si rimette in forma, riunisce la vecchia band e passa mesi a provare, mentre Parker strappa contratti in mondovisione per lo spettacolo.

Lo speciale va in onda nel novembre 1983 e Presley riesce ancora una volta a dimostrare che non è finito, che Elvis never left the building.

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In your face MTV!

Continua

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