La voce del padrone è stato il disco che ha cambiato la carriera di Franco Battiato e stabilito il record di vendite in Italia.
“Avere ragione è una ragione in più per non aver alcun successo” diceva Nietzsche.
Chissà se Franco Battiato pensava a questa frase quando si presentò alla EMi nel 1981.
Ai suoi discografici disse convinto di avere finalmente il disco della svolta, quello che gli avrebbe regalato l’agognato successo.
Alla Emi, però, lo ascoltarono poco convinti: d’altra parte Battiato non poteva vantare un curriculum di grandi canzoni da classifica.

Dopo aver provato inutilmente all’inizio della carriera a farsi notare, il musicista si era poi dedicato alla sperimentazione, ritagliandosi un posto nella scena avanguardista.
L’abbandono della forma canzone gli aveva allargato gli orizzonti, ma escluso la notorietà presso il grande pubblico, lambita superficialmente con qualche copertina dissacrante.
Alla fine degli anni 70 la Ricordi lo aveva messo alla porta per le scarse vendite e proprio la Emi gli aveva offerto la possibilità di un ennesimo rilancio.
Con il nuovo contratto Battiato si sfilò dall’avanguardia e tornò alla canzone, ma i risultati furono modesti.
L’era del cinghiale bianco e Patriots mostrarono qualche timido segnale in classifica, ma niente di eclatante e di clamorosa rottura con il passato.
Per questo alla Emi non si impressionarono più di tanto alla dichiarazione del cantante: a quasi quarant’anni Battiato si poteva considerare uno che aveva un grande futuro alle spalle.
“Mr. Tamburino non ho voglia di scherzare rimettiamoci la maglia i tempi stanno per cambiare.”
I tempi sarebbero cambiati davvero, proprio come il cantautore immagina nell’incipit di Bandiera bianca.
Il brano, assieme a Cuccurucucù e Centro di gravità permanente avrebbe segnato l’ascesa inarrestabile de La voce del padrone.
Il disco, partito un pò in sordina nell’autunno del 1981, dopo un periodo di rodaggio s’insediò nei primi posti della classifica italiana per non mollarla per mesi.
Battiato riuscì a condensare ne La voce del padrone la raffinatezza del suo passato di sperimentatore e l’accesa curiosità dei suoi ascolti e letture, firmando un album innovativo e commerciale allo stesso tempo.
“Siamo figli delle stelle e pronipoti di sua maestà il denaro.”
Bandiera bianca citava non solo Bob Dylan, ma anche Alan Sorrenti, i Byrds, Gino Latilla, Beethoven, i Doors, Sinatra, la Tv e la pubblicità.
La canzone si rivelò il primo successo di Battiato, che riuscì nell’impresa di far cantare agli italiani una citazione al contrario di Theodor Adorno: la “Minima Moralia” del filosofo diventava “minima immoralia”.
Ma La voce del padrone è intriso, oltre che di ironia e sarcasmo, anche di disillusione e smarrimento.
“Mare mare mare voglio annegare.”
Alla resa di Bandiera bianca corrisponde la nostalgia e la solitudine di Summer On A Solitary Beach.
L’atmosfera onirica del brano si lega a quella meditativa dell’elegante Segnali di vita e della sofisticata Gli Uccelli.
Più giocosa e “terrena” è Sentimiento nuevo, in cui Battiato impregnava le gioie dell’amore fisico con citazioni classiche.
“Cerco un centro di gravità permanente, che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose sulla gente.”
La canzone più celebre de La voce del padrone (e di Battiato) è senza dubbio Centro di gravità permanente.
Come Cuccurucucù e Bandiera Bianca divenne un successo radiofonico e permise all’album di dominare la classifica italiana: nel 1982 solo Thriller di Michael Jackson vendette più copie in Italia.
La magia di Centro di gravità permanente consiste nel non farsi problemi a citare figure esotiche e letterarie, mescolandole a un trascinante e suggestivo ritmo, che rende tutto credibile.
La voce del padrone
Le chitarre punk, le tastiere new wave e i cori classici (elementi apparentemente “difficili”, ma sapientemente fusi, anche grazie alla collaborazione con Giusto Pio) rinnovarono la musica pop italiana.
Tra invettive, ricordi, presagi e grande musica La voce del padrone è il perfetto incrocio tra il pop e la penna di un cantautore.
Alla fine Battiato dimostrò di avere ragione e di saper scrivere il disco della svolta: non sarebbe più stato solo un eclettico sperimentatore, ma le porte del successo gli si sarebbero finalmente aperte.
E Nietzsche se ne dovette fare una ragione.
Io adoro questo disco.
É praticamente un greatest hits
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